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Economia

Pensione a 62 anni per tutti: sarà flessibile ma con penalizzazione sull’assegno mensile INPS

Il futuro sarà più roseo dal punto di vista della flessibilità per andare in pensione? Ecco in che modo si potrebbe interrompere il lavoro già a 62 anni

Di riforma delle pensioni si discute con costanza: si tratta di un argomento che interessa trasversalmente qualsiasi esecutivo proprio perché ogni governo vorrebbe caratterizzarlo con la propria impronta. E tante sono state, in tal senso, le novità aggiunte nel corso degli ultimi anni per cercare di garantire, per quanto possibile, una certa flessibilità di uscita dal mondo del lavoro o di ingresso anticipato in quello della pensione a talune categorie di lavoratori o di ex lavoratori.

A breve inizierà il confronto governo sindacati sul tema delle pensioni (grantennistoscana.it)

Ma occorre anche ricordare che i requisiti per ottenere il classico trattamento pensionistico sono ugualmente mutati ed oggi occorrono almeno 67 anni di età e almeno 20 anni di contributi: si tratta della pensione di vecchiaia alla quale tutti i lavoratori assicurati con la previdenza obbligatoria hanno diritto.

Pensioni a 62 anni e con carriere brevi? Ecco cosa potrebbe cambiare in futuro

Le varie modalità di pensionamento anticipato includono invece Quota 103, l’Ape volontario o sociale, la pensione anticipata della legge Fornero, l’Isospensione e la pensione anticipata per i lavoratori precoci e per le mansioni usuranti, oltre ovviamente ad Opzione Donna. Le modifiche legislative che si sono susseguite nell’arco degli ultimi anni hanno come principale esigenza il risparmio sulla spesa previdenziale, un capitolo di spesa molto oneroso per lo Stato

Ebbene come potrebbe cambiare ulteriormente la situazione con una nuova riforma delle pensioni? I temi più discussi degli ultimi mesi sono la pensione flessibile a 62 anni nonché quota 41 per tutti. Si tratta di due misure che, anche se all’apparenza potrebbero non sembrarlo, sono tra loro collegate. Infatti ad oggi è possibile interrompere il lavoro a 62 anni di età avendo accumulato almeno 41 anni di contributi versati. I sindacati puntano però ad estendere a tutti la flessibilità a 62 anni, ad oggi prevista solo per chi ha alle spalle carriere lavorative lunghe.

Ad oggi si può andare in pensione a 62 anni solo con 41 anni di contributi (grantennistoscana.it / fonte ansa)

E potrebbero ribadirlo nel corso dei prossimi tavoli di confronto con il Governo per la trattativa sulla riforma delle pensioni. E, in tale contesto, sono tanti i lavoratori a domandarsi se davvero in futuro vi possa essere la possibilità di uscire dal lavoro a 62 anni senza dover per forza avere come secondo pre requisito i 41 anni di contributi quale soglia utile per ottenere la pensione (ovvero Quota 103).

Oltretutto occorre sottolineare che Quota 103 andrà in scadenza il 31 dicembre; è possibile che venga prorogata ma è comunque destinata a scomparire. In alternativa sarà possibile lasciare il lavoro con le pensioni anticipate ordinarie che, a fronte di 41 anni e 10 mesi di contributi per le donne e 42 anni e 10 mesi per gli uomini, permettono di lasciare il lavoro a 62 anni o, in alcuni casi, anche prima.

Pensioni flessibili a 62 anni: quali vantaggi per lavoratori e Stato

Avere la flessibilità a 62 anni consentirebbe anche a chi ha carriere brevi di poter andare in pensione in modo flessibile, già con 20 anni di contributi versati. Quello che si rischia è che vi siano penalizzazioni troppo forti per questi lavoratori nel calcolo del trattamento pensionistico; e allora come fare? Secondo i sindacati bisognerebbe fare in modo che i lavoratori possano, a partire dai 62 anni (e 20 di contributi), essere liberi di decidere quando fermarsi. Riducendo nel contempo le penalizzazioni.

Il Governo d’altro canto deve tener conto dei limiti imposti da entrate ed uscite e dal bilancio: e non valuta positivamente una misura che permetterebbe di interrompere il lavoro a 62 anni senza penalizzazioni. Questo perché risulterebbe troppo onerosa per le casse dello Stato. Ma vede comunque di buon occhio la flessibilità a 62 anni perché la misura porterebbe a pensioni nettamente più basse rispetto a quelle erogate a partire dai 67 anni di età e con pieni contributi versati.

Si potrebbe l’obbligo di accettare un ricalcolo contributivo della pensione (grantennistoscana.it)

Il focus è dunque circoscritto in particolare ai coefficienti di trasformazione del montante contributivo in pensione. Insomma tra le ipotesi l’idea delle pensioni flessibili dai 62 anni rimane: il lavoratore in questo modo potrebbe valutare in base alle sue necessità se uscire prima dal mondo del lavoro o proseguire e versare altri contributi per aumentare l’importo della pensione.

Le ipotesi allo studio

Altra ipotesi allo studio è quella di introdurre l’obbligo di accettare un ricalcolo contributivo della pensione, una penalizzazione a metà dato che chi interrompe il lavoro con 20 o poco più ani di contribuzione difficilmente ha diritto ad una pensione calcolata a maggioranza retributiva. Oppure si valuta il taglio lineare del 2,5% da inserire per ogni anno di anticipo rispetto all’età dei 67 anni.

Questo creerebbe un maggior deterrente ad uscire prima. In tutto questo resta un paradosso legato al fatto che chi riceve il RdC oggi o riceverà l’assegno di inclusione domani, con più di 60 anni non verrà considerato occupabile. Ma ad oggi a 62 anni non si può andare in pensione se non con una lunga carriera alle spalle. Un altro nodo, questo, che occorrerà risolvere.

Dato che logicamente dovrebbe essere preferibile dare la pensione a chi ha almeno 20 anni di contributi, piuttosto che erogare il RdC. Che cosa verrà deciso è, al momento, poco chiaro anche perché sono diverse le tematiche ‘extra pensione’ sul tavolo dei vari ministeri, ognuna delle quali collegata ad una serie di fondi da predisporre o recuperare per poter essere concretizzata.

Daniele Orlandi

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