Gli scienziati ne sono certi: il mondo non arriverà a fine secolo

I timori che la società umana crolli a breve sono molti, ma adesso gli scienziati ne sono sicuri: il mondo per come lo conosciamo scomparirà.

Da sempre l’essere umano si è distinto dagli altri animali e creature terrestri: sebbene siamo parte di questo Pianeta abbiamo modificato profondamente gli equilibri, il tutto per moltiplicarci, evolverci e sopravvivere. Ma forse adesso la Natura si sta “ribellando” e presto potremmo essere definitivamente spazzati via.

il mondo sta per finire 2050
L’umanità potrebbe dover affrontare un’estinzione di massa entro pochi anni – Grantennistoscana.it

Non si tratta di un’idea, di una filosofia o di qualche profezia, ma di dati scientifici che ci illustrano scenari molto preoccupanti. Inoltre dobbiamo ampliare e contestualizzare il percorso che ha fatto l’umanità per arrivare fino ad oggi. Abbiamo la convinzione che ai giorni nostri si viva meglio e più a lungo rispetto al passato. Ma la verità non è propriamente questa. E basta fare qualche ricerca per scoprire dei dati davvero interessanti e su cui varrebbe la pena riflettere.

È vero che prima della rivoluzione industriale si viveva di meno e in modo meno salutare? La risposta non è così ovvia

Nell’immaginario comune, gli uomini preistorici morivano più spesso, correvano più pericoli e non potevano guarire dalle malattie, perché non c’erano ospedali e medicine. Secondo gli studi e le ricerche effettuate sui reperti ossei, gli esperti hanno stabilito che l’età media era all’epoca di circa 30 anni. Ma ciò non significa che alcuni soggetti non riuscissero ad arrivare anche ai 65 anni, e in salute. Le credenze comuni si manifestano perché c’è un errore di fondo tra il concetto di longevità media (ovvero l’età massima raggiungibile dalle persone) e aspettativa di vita (che calcola le probabilità di morire in base all’epoca storica).

aspettativa di vita età moderna
In passato si viveva qualche anno meno, ma la qualità della vita non era poi così peggiore – Grantennistoscana.it

Gli esperti hanno calcolato, con vari studi, che l’aspettativa di vita arrivava, nel Paleolitico, anche a 37 anni; durante il Neolitico anche a 60 anni; nell’Età del Bronzo sempre a 60 anni. Arrivati all’epoca Romana, l’aspettativa di vita era sempre di 60 anni. Eppure l’umanità si era evoluta, c’era una società strutturata, cibo migliore, terapie termali. Un interessante studio effettuato da una scienziata della Australian National University ci racconta che nell’Alto e Tardo Medioevo l’aspettativa di vita era praticamente la medesima, anzi in alcuni casi le persone arrivavano fino a 80 anni. Tra i nobili inglesi del 13mo secolo alcuni arrivavano senza problemi ai 65 anni di età.

Se ne evince che in fondo i vari progressi non hanno reso gli uomini post-preistorici più longevi dei loro antenati. Infatti entrano in gioco diversi fattori, come guerre, fame o incidenti e soprattutto la mortalità infantile. In passato se i bambini arrivavano a 12-15 anni a quel punto avevano ottime aspettative di vita. La mortalità infantile ha sempre distorto l’aspettativa di vita fino agli inizi del XX secolo. In passato dunque, si moriva praticamente quasi come adesso, solo che le cause erano leggermente diverse. Un soggetto, se non moriva di fame, in guerra o per una fatalità poteva raggiungere una vecchiaia in salute.

Potremmo obiettare affermando che oggi l’età media della popolazione si attesta sui 76 anni per gli uomini e sugli 82 per le donne. Ma c’è una “piccolissima” differenza: gli uomini e donne del passato arrivavano alla vecchiaia senza particolari problemi di salute, mentre oggi molte persone che arrivano a 80 anni devono convivere con malattie croniche, e assumere numerose medicine. Significa che anche “guadagnando” qualche anno, la qualità della vita è peggiorata. Basta poi fare un paragone con le persone del passato e quelle di oggi. I nostri antenati erano magri, robusti, più forti a livello immunitario e non soffrivano dei mali dei nostri tempi: obesità, malattie cardiovascolari, diabete e tumori.

Perché il nostro stile di vita porterà alla fine del mondo, o meglio a una diminuzione drastica della popolazione

Negli ultimi due secoli l’innovazione tecnologica, il miglioramento delle condizioni igieniche, i progressi della medicina e una “ricchezza” diffusa hanno permesso di morire di meno per alcune cause prima fatali.

sovrappopolazione carestia
La popolazione mondiale è cresciuta troppo e le risorse potrebbero finire molto presto – Grantennistoscana.it

La popolazione mondiale è cresciuta dunque esponenzialmente e l’essere umano, come anticipato, ha saputo “eludere” quelle che sono le regole naturali. Pensando alle specie animali, infatti, dobbiamo ricordare che la Natura ha dei cicli e degli equilibri ben precisi. Quando una specie cresce e aumenta di numero, le risorse scarseggiano e gli animali si ammalano o indeboliscono, diventando prede più facili. Il numero degli esemplari allora torna a diminuire e le risorse tornano ad essere sufficienti.

Come gli esseri umani hanno imparato a sfruttare le risorse

Gli esseri umani hanno invece trovato il modo di sfruttare le risorse per aumentare il cibo e tutto ciò che è servito a ideare innovazione tecnologica, che a sua volta è riuscita a sfruttare ancora di più le risorse. Un circolo vizioso, però, che si sta dimostrando auto-distruttivo. In poco meno di 200 anni il numero di esseri umani è cresciuto da 1 a 8 miliardi, e le risorse cominciano a scarseggiare comunque. In pratica, potrebbe accadere come per gli animali, anche se con dinamiche/responsabilità diverse. La mancanza di risorse e gli sconvolgimenti climatici (o aggressioni all’agricoltura, modifiche genetiche dei prodotti agroalimentari eccetera) potrebbero innescare carestie, o differenze sostanziali dell’accesso al cibo.

sfruttare le risorse per aumentare il cibo
L’uomo sfruttando le risorse ha prodotto il cibo necessario per tutti – grantennistoscana.it

La povertà scatena rivoluzioni civili e guerre, che ovviamente causano numerosi decessi. Una città/società distrutta genera altra povertà a carico di chi è sopravvissuto, e non dimentichiamoci che oggi gli esseri umani non possono tornare a “sopravvivere” come in passato. In pratica siamo “schiavi” del consumismo, abbiamo disimparato a coltivare la terra – che comunque non è più disponibile perché usata in gran parte dalle grandi aziende – e non sappiamo più cacciare. La disoccupazione, la povertà e la mancanza di sistemi di sussidi efficaci per via del sovrannumero dei bisognosi potrebbe innescare un’apocalisse sociale. La società “evoluta” per come la conosciamo potrebbe non reggere più e collassare su se stessa. A dirlo sono alcuni esperti che hanno anche pubblicato numerosi studi a riguardo.

Le persone potrebbero doversi riadattare a vivere come nel Medioevo. Inevitabilmente, il numero di persone nel mondo è destinato a crollare. Ma lo scenario peggiore non è l’estinzione della razza umana: sicuramente abbiamo numerose risorse per continuare a riprodurci. Il fatto è che il “nuovo mondo” potrebbe essere caratterizzato da un’involuzione culturale e sociale. Forse allora sperare di vivere fino a 90 anni, magari dipendenti da medicinali o ausili tecnologici, non è propriamente il simbolo di una “vittoria”. Forse l’umanità dovrebbe prendere in considerazione di sperare di vivere anche qualche anno in meno, ma in modo sereno e appagante. Cosa che, paradossalmente, i nostri antenati hanno sperimentato più di noi.

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