Totò Schillaci vicino alla morte, la rivelazione: “Aggrappato a lui”

L’eroe di Italia ’90, Totò Schillaci, ha parlato apertamente della malattia: le parole dell’ex calciatore sono toccanti.

Italia ’90 ha rappresentato per molti un momento bellissimo della vita. In quello che ad oggi rimane l’ultimo mondiale organizzato dal nostro Paese, gli azzurri hanno emozionato con una squadra giovane e ricca di talento, una squadra che partiva senza i favori del pronostico e che è andata ad un passo dal raggiungere la finale del torneo.

Totò Schillaci racconto malattia
L’eroe di Italia ’90 ha vissuto un periodo durissimo dopo la diagnosi – Instagram @totogoal90 – Grantennistoscana.it

Il supporto incessante del pubblico, unito alla voglia della squadra di andare oltre l’ostacolo ha reso quella formazione “magica” come le notti cantate da Gianna Nannini. Il percorso sino alla semifinale era stato impeccabile, con gli azzurri capaci di vincere ogni partita senza prendere nemmeno un gol. Il primo gol subito si è rivelato però fatale per le sorti dell’Italia. L’Argentina campione del mondo in carica ci ha trascinato ai rigori e lì la fortuna ci ha voltato definitivamente le spalle.

Eroe e simbolo di quella spedizione positiva, di quel Mondiale da protagonisti, è stato sicuramente Totò Schillaci. La sua è stata una favola nella favola, visto che era stato convocato in Nazionale dopo un solo anno in Serie A e nessuno si sarebbe mai aspettato che sarebbe stato in grado di essere protagonista.

Le notti magiche di Totò Schillaci

Totò divenne noto agli appassionati di calcio nell’estate dell’89. Nella stagione precedente aveva trascinato il Messina in Serie B con 23 reti e in quella sessione di mercato la Juventus aveva deciso di acquistarlo. Non c’era alcuna certezza che avrebbe giocato titolare nella Juve, ma evidentemente quella era la sua annata.

Le notti magiche di Totò Schillaci
Il mondiale oltre ogni aspettativa di Totò Schillaci – Ansa Foto – Grantennistoscana.it

Spinto dalla “fame” e dall’entusiasmo, l’attaccante nato a Palermo si è conquistato il posto da titolare nell’attacco della “Vecchia Signora“, riuscendo a segnare 15 reti nella sua prima stagione in Serie A. L’exploit della punta convinse il commissario tecnico degli azzurri, chiamato ad una rivoluzione dopo la delusione del Mondiale ’86, a puntare su di lui in Nazionale.

Anche in questo caso partiva da panchinaro, nelle gerarchie di Vicini era dietro a Carnevale, ma alla prima partita è subentrato ed è stato subito decisivo. Il tecnico decise allora di affidarsi a lui ed al suo senso del gol. Schillaci lo premiò giocando un torneo al di sopra delle aspettative, in cui riuscì a diventare capocannoniere e in cui venne eletto miglior giocatore.

Tutti erano convinti che fosse nata una nuova stella, ma Totò non riuscì mai più a giocare a quei livelli. In seguito a quattro stagioni al di sotto delle aspettative (suddivise equamente tra la maglia della Juve e quella dell’Inter), nell’estate del 1994 Schillaci ha deciso di svernare in Giappone, dove riuscì a vincere una classifica cannonieri e un campionato (nell’anno in cui però un infortunio serio lo relegò alla tribuna e lo convinse a ritirarsi).

Il ritiro e la malattia

Sebbene abbia avuto una carriera al di sotto delle aspettative, Totò Schillaci rimarrà per sempre l’eroe di Italia ’90 ed uno dei pochi calciatori nella storia a poter vantare di aver vinto sia il pallone d’oro che la scarpa d’oro di un Mondiale di calcio. Dopo il ritiro non ha tentato la strada della panchina, preferendo utilizzare il suo nome e la sua influenza per aiutare i ragazzi dei quartieri poveri di Palermo attraverso il calcio.

Totò Schillaci dopo il ritiro
Dopo aver appeso gli scarpini, Schillaci si è dedicato principalmente ad aiutare giovani e meno fortunati – Ansa Foto – Grantennistoscana.it

Dal 2000 è gestore del Centro Sportivo “Louis Ribolla” nel quale sono cresciuti diversi calciatori poi divenuti professionisti, alcuni arrivati sino alla massima serie. Da anni è proprietario anche della società dilettantistica U.S. Palermo e nel 2017 è stato scelto come direttore sportivo dell’Asante, squadra di calcio fondata dall’omonima Onlus e formata esclusivamente da migranti.

Gli anni 2000 sono stati per lui quasi sempre lontani dai riflettori, ma ricchi di soddisfazioni personali. C’è stato anche un momento buio e di forte scoramente quando ha scoperto di avere un tumore al retto. L’ex calciatore, conosciuto per la sua grande determinazione e la sua forza d’animo, in quel momento ha provato una forte paura ed ha temuto che fosse giunta la fine della sua vita.

Per fortuna la terribile malattia è stata presa in tempo e le cure hanno avuto effetto. Nello scorso anno è tornato persino in televisione per partecipare al reality Pechino Express insieme alla moglie Barbara. La coppia si è impegnata a fondo ed è arrivata sino alle semifinali (un copione che si ripete per l’ex campione), ma in questo caso la vittoria era giunta già con la partecipazione al programma.

Totò Schillaci commuove tutti: “La paura di morire mi ha fatto abbracciare la fede”

In una recente intervista concessa al settimanale ‘Di Più‘, Totò Schillaci ha parlato proprio del momento difficile passato negli ultimi anni e di come la paura di morire lo abbia fatto riavvicinare alla fede: “Quando arrivò la diagnosi mi aggrappai immediatamente alla fede. Del resto quando stai male capita a molti, se non a tutti, di fare come me. Invece dovremmo pregare e credere sempre, non solo quando abbiamo bisogno di Dio“.

La malattia di Schillaci
Solo la fede ha permesso a Schillaci di superare la diagnosi nefasta e la paura della morte – Ansa Foto – Grantennistoscana.it

Nonostante il peggio sembri essere passato, Totò ammette che la paura che quel terribile male possa tornare c’è sempre e torna con forza ogni volta che deve fare una visita di controllo. L’ex attaccante della Nazionale rivela senza filtri: “Ho avuto paura di lasciare la mia famiglia, i miei figli, ma ho avuto anche paura di fare la fine di due grandi calciatori come Gianluca Vialli e Paolo Rossi“.

Schillaci ammette inoltre che tutta la grinta e la combattività che lo hanno contraddistinto in vita sono immediatamente svanite di fronte alla prospettiva della morte: “Di natura sono un guerriero ma non le nascondo che, dopo l’operazione, sono caduto in una profonda depressione“. Se è riuscito ad uscirne è stato grazie alla propria fede: “Ho chiesto a Dio un segnale e nel mezzo della malattia sono stato contattato per partecipare a Pechino Express“.

Proprio la partecipazione al reality unita al supporto costante della moglie Barbara gli hanno consentito di uscire da quella fase depressiva, di riuscire a trovare lo smalto dei vecchi tempi e la grinta per andare avanti: “Lo devo a Dio e a Barbara, un’insostituibile guerriera sempre al mio fianco, se sono uscito da quel buco nero“.

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